Volontari, missionari, appartenenti a NGOs vivono in condizioni disagiate, a stretto contatto con la popolazione locale e sono pertanto esposti agli stessi rischi della popolazione locale, spesso la più povera. Spesso coloro che si dedicano agli aiuti umanitari aderendo ad organizzazioni ed agenzie internazionali prestano la propria attività di volontariato in situazioni critiche come terremoti, alluvioni, tsunami e sono particolarmente al rischio di malattie, incidenti e atti di violenza (aggressioni, stupri, rapimenti).

Missionari, volontari, personale sanitario, lavorando in strutture sanitarie possono facilmente essere esposte al contagio con sangue infetto ed ammalare di HIV/AIDS, epatite B o C. Uno stretto contatto con le secrezioni dei malati possono portare al contagio di malattie particolarmente letali come fu per le suore che morirono in Africa per il virus Ebola o nel caso del collega Carlo Urbani che morì di SARS contratta in un ospedale di Hanoi. É molto importante tutelare sul piano sanitario questo personale, le cui doti di generosità ed abnega- zione, rappresentano un patrimonio dell’umanità esaltando gli aspetti migliori della specie cui apparteniamo. Queste persone sono esposte a condizioni ambientali avverse come sono quelle di un disastro naturale, di un conflitto armato; lavorano molte ore spesso in condizioni estreme come potrebbero essere quelle di un pronto soccorso di un ospedale o di una sala chirurgica in un paese in guerra, vivono in località in cui le infrastrutture sono assenti o distrutte. Studi epidemiologici  hanno messo in evidenza che lo stato di salute degli operatori di organizzazioni umanitarie si deteriorava in percentuali superiori al 35% dei casi esaminati. Naturalmente il rischio di malattie, di conseguenze psico-fisiche dello stress cronico cui sono esposti, di incidenti e di atti di violenza variano a seconda del luogo, della natura e del tempo trascorso per prestare la propria opera assistenziale.

Prima di una missione, i volontari dovrebbero  essere sottoposti ad una visita medica che ne accerti le condizioni di salute fisiche e psichiche indagando sulla storia familiare, sull’eventuale uso di alcol o sostanze stupefacenti,  su un’eventuale storia di disturbi di carattere psichiatrico, di malattie sessualmente trasmesse e di malattie croniche che potrebbero subire un peggioramento durante la missione. I volontari devono essere protetti con tutte le vaccinazioni necessarie (richiamo di tetano ed epatite, vaccinazione anti-meningococco, colera, epatite A, ecc.), con la profilassi anti-malarica, se indicata, con una farmacia da viaggio che includa un farmaco – come il Normix – contro la diarrea del viaggiatore e ogni altro farmaco e strumentazione che possa essere utile in caso di necessità, nonché naturalmente tutti gli oggetti atti alla cura dell’igiene personale. I volontari andranno altresì istruiti relativamente al rischio di malattie sessualmente trasmesse, di incidenti, di abuso di alcol anche se è certo che ognuno di loro troverà un contesto ambientale diverso dall’altro e dovrà mettere in atto comportamenti strutturati e maturi per avere buoni rapporti con i colleghi con cui si troverà ad operare, con la popolazione locale, con le condizioni climatiche ed ambientali. É molto importante che i soccorritori, prima della partenza, vengano visitati dal loro dentista perché molto difficilmente essi potranno essere curati a destinazione e perché sarebbero facilmente esposti al rischio di trasmissione di malattie infettive, prima fra tutte l’epatite C. Molti studi hanno dimostrato che più del 30% dei volontari al ritorno manifestano sintomi di depressione che generalmente non progrediscono verso la malattia. Si tratta probabilmente della manifestazione di quella che ho chiamato tempo fa come “Sindrome di rientro”, vale a dire espressione della difficoltà di riadattamento alla situazione di partenza, accumulo di stress nel periodo passato all’estero. Naturalmente coloro che sono stati testimoni di omicidi, morti in terremoti o alluvioni, coloro che hanno subito una violenza personale devono essere avviate a percorsi specifici di riabilitazione psicologica in strutture specializzate.